L’alimentazione umana attuale e la sostenibilità del fruttarismo

Attualmente, nel mondo, si produce cibo per circa 10 miliardi di persone. L’intera popolazione
terrestre ammonta a circa 7.5 miliardi ma quasi un miliardo di essere umani non hanno idea di
cosa mettere nel proprio piatto. Oggi, l’accesso al cibo è uno dei maggiori problemi che affliggono
il nostro pianeta.

Il rapporto paradossale fra risorse impiegate e resa, in termini di produzione di cibo, rende
l’allevamento per la produzione di carni insostenibile. Infatti oggi, sistematicamente, si usano
enormi quantità di cibo come mangimi di origine vegetale (spesso di monocoltura) coltivati in
immensi territori per nutrire gli animali negli allevamenti (siano essi intensivi o meno).
Questo fa sì che il 33% dei terreni arabili presenti su questo pianeta sia destinato alla produzione
di mangimi per sfamare gli animali tenuti in "prigione" dentro gli allevamenti intensivi. E il
rapporto continua a crescere giorno per giorno incessantemente. Intere aree come “polmone
verde” (foresta amazzonica, sud brasile ecc.) grandi come campi calcio, ogni giorno, vengono rase
al suolo per creare pascoli e aree per la produzione di mangimi per animali.
Quindi oltre un terzo di quello che viene coltivato viene dato da mangiare agli animali i quali se
vivessero in piena libertà si ciberebbero spontaneamente del cibo adatto alla loro specie senza
bisogno di coltivarne per nutrirli.
Ma la realtà drammatica è anche che la conversione degli animali in cibo (dopo averli privati della
loro libertà, imprigionati da piccoli, torturati e sfruttati per anni ed infine uccisi e macellati) è
assurda e incongruente: il rapporto di conversione indica che servono circa 15kg di mangime per
produrre un solo kg di carne.
L’82% degli esseri umani che soffrono di fame nel mondo vive in paesi i cui terreni agricoli sono
destinati alla produzione di quei mangimi con cui vengono nutriti gli animali negli allevamenti e
che poi vengono uccisi e mangiati nel mondo occidentale.
A conti fatti chi mangia carne e derivati si appropria di risorse che sono anche di altri: una persona
che mangia carne si appropria mediamente di risorse che, suddivise, basterebbero per cinque o
dieci persone!
Stesso discorso vale per le risorse idriche: il 92% del consumo di acqua da parte dell’essere umano
è imputabile alla produzione di cibo; un terzo di questo 92 % viene impiegato per produrre cibo di
origine animale (irrigare i terreni coltivati per il mangime destinato agli animali negli allevamenti,
l’elaborazione dei mangimi stessi, acqua potabile per gli animali ed infine anche per il
mantenimento delle strutture degli allevamenti).
Negli anni sono stati effettuati diversi studi sulle differenti impronte idriche di quello che
mangiamo, ed anche in questo caso l’industria della carne è al primo posto in termini di utilizzo.
Volendo fare degli esempi sono necessari circa 15.500 litri d’acqua dolce per produrre 1 kg di
carne di bovino, circa 5000 litri per un kg di formaggio, 4800 litri per un kg di carne di maiale.
Queste cifre si scontrano contro i 3500 litri necessari per 1 kg di legumi, i 970 litri necessari per 1
kg di frutta ed i 325 litri necessari per 1 kg di verdura.

Perché la scelta fruttariana

Il veganismo, eticamente, è una grande scelta sia per gli animali, l’ambiente e la salute ma
politicamente non fa abbastanza!
Purtroppo anche intorno all’alimentazione Vegana si è sviluppato un business di aziende e
multinazionali che producono tofu- seitan- simil arrosti- simil formaggi- simil salumi… Insomma
che tentano con ogni escamotage di riprodurre i corrispettivi vegani di quasi tutti i cibi a base di
carne, pesce e derivati.
Ciò, a mio avviso, non è positivo per 2 ordini di ragioni:

1) non insegna ad alimentarsi secondo natura (prodotti di stagione o, comunque, freschi non
trattati) ma si continua ad intossicare il palato con sapori non naturali e, spesso, eccessivamente
salati e zuccherati (sale, spezie, zuccheri servono a rendere i prodotti vegani più simili a quelli
animali). Talvolta tali prodotti non sono nemmeno più sani di quelli animali in quanto stabilizzati
con sostanze chimiche non proprio salutari e conservanti vari.
2) Si continua a nutrire il consumismo che sta alla base di questo sistema socioeconomico che, a
sua volta, produce disuguaglianze sociali e bisogni indotti per farci consumare e spendere sempre
di più non in vista del nostro benessere psicofisico ma solo per meri interessi economici.
Il fruttarismo è sostenibile perché propone di consumare frutta dolce- frutta grassa- frutta
ortaggio. Ciascuno può produrla possedendo un orto ma anche chi non lo ha può acquistare da un
fruttivendolo o al mercato ortofrutticolo o direttamente da contadini e produttori (sia
direttamente sia attraverso i Gruppi d' Acquisto Solidale) aiutando, dunque, anche i piccoli
produttori a Km 0.

Prof. Armando D’Elia – Naturalista, chimico, studioso di dietetica vegetariana e fruttariana
“La marcia di ritorno dell’uomo al suo originario fruttarismo non è un disegno utopico, non è un sogno, è una
realtà. Considerando che la carica proteica della frutta (numerosi studi lo confermano) rappresenta l’optimum
per l’approvvigionamento azotato dell’uomo e che, per una serie di altri motivi tratti dalle più diverse discipline,
il fruttarismo, è l’ambita meta finale, in un certo senso “obbligata”, di tutta l’umanità, riteniamo che il fruttarismo
sia totalmente sostenibile.
Orbene, sul piano pratico bisogna fare il possibile per avvicinarci gradualmente, con pazienza e perseveranza, a
tale meta: saremo incoraggiati a farlo dalla constatazione che la nostra salute fisica, la nostra efficienza
intellettuale migliorano in maniera evidente a misura che si avanza verso il fruttarismo al 100%. Una volta
acquisita la consapevolezza di essere sulla strada giusta, razionalizzeremo sempre più la nostra alimentazione,
gradino dopo gradino. Nel frattempo giova informarsi sulle esperienze fruttariane di chi è più avanti di noi in
modo da prendere coscienza del livello al quale si è giunti nell’opera di bonifica della propria vita. Se tale livello
risultasse ancora modesto o anche modestissimo, non ci si deve per questo scoraggiare, ma conviene utilizzare il
livello già raggiunto come una pedana di lancio onde potere poi balzare al livello superiore e così via,
gradatamente, ma senza fermarsi, senza mai rinunciare a migliorare. Ognuno di noi è, quindi, in marcia per
diventare fruttariano al 100%, a pieno titolo!!!
Allora: pensiamo, leggiamo, ascoltiamo, indaghiamo, sperimentiamo! Avanziamo! Il Festival Fruttariano vorrà
essere un punto di inizio, anche mediatico, importante per diffondere il fruttarismo in Italia con incontri, dibattiti,
dimostrazioni , percorsi informativi, testimonianze di ricercatori e medici, proposte di operatori, prodotti etici,
cucina fruttariana, show coking, spettacoli artistici e musicali etici ecc.
Si può trarre, concludendo, un chiaro monito, rivolto soprattutto ai fruttariani, che costituiscono la “brigata di
punta” di tutto il movimento vegetariano: non bisogna mai aver paura di andare contro corrente, non bisogna
mai aver paura di difendere a viso aperto il fruttarismo e le sue motivazioni scientifiche ed etiche: il tempo è
galantuomo. La schiera, oggi ancora così fitta, di persone avverse al fruttarismo, è destinata ad assottigliarsi
rapidamente; in genere si tratta di disinformati, da aggiornare con amore e pazienza. La Verità si imporrà
inevitabilmente.
Per mettere in crisi chi è contrario al fruttarismo occorre prima di ogni cosa fargli capire che bisogna resistere
alla tentazione di conformarsi supinamente alle opinioni dominanti, che spesso costituiscono la maschera
perbenista di grossi interessi di natura economica …. “